Mi chiamo Daniele Zarantonello, e sono un missionario comboniano, sacerdote da un anno.
Sono originario di Favaro Veneto, in provincia di Venezia.
Mio padre, Sergio Z., è originario di San Benedetto di Trissino, figlio di Santo Z. e Rosa Ceretta, quarto di 5 figli, Giovanni (+), Gianna, Antonio, Sergio e Dino.
Mio padre venne a Mestre per lavoro e qui conobbe mia madre, Francesca Basso. Si sono sposati nel 1975. Hanno 6 figli, Mario, Daniele, Luca, Marcella, Angelo e Paolo, dei quali appunto io sono il secondo.
Quando noi fratelli eravamo piccoli, mia madre cercava un posto dove mandarci in vacanza d’estate, e trovò nella rivista per ragazzi PIEMME dei missionari comboniani la proposta di alcuni campi scuola “per ragazzi in gamba” organizzati dai Comboniani di Thiene nella loro casa di Castelvecchio di Valdagno. Eravamo ancora molto piccoli, io ricordo che ero in 5 elementare, ma da allora si è mantenuto un legame bellissimo coi missionari e con i ragazzi che partecipavano alle loro attività.
Tutti i mesi mio padre ci portava a Thiene agli incontri del RAM (Ragazzi Amici Missionari) dove ascoltavamo le testimonianze dei missionari, giocavamo e ci divertivamo un sacco, conoscevamo tanti ragazzi come noi e ci si aprivano gli orizzonti al mondo intero.
Le amicizie di allora continuano ancor oggi!
Alla fine della scuola media ho chiesto ai miei di poter studiare il Liceo a Thiene e vivere nella comunità dei padri insieme con altri ragazzi che coltivavano un iniziale desiderio di missione. Anch’io sentivo questa passione con molta forza, però confesso oggi che non sapevo nemmeno cosa volesse concretamente dire. Però era un mondo che mi affascinava, la grinta e l’entusiasmo dei padri erano davvero contagiosi e io non mi potevo tirare indietro.
È cominciata così l’avventura della mia vocazione. (Più tardi seppi che anche mio padre aveva studiato dai Saveriani a Vicenza e che pure lui sognava di essere missionario: forse non è diventato missionario come pensava, ma ne ha fatto uno!!!!)
Dopo il liceo ho studiato filosofia a Firenze, ho fatto i due anni di noviziato a Venegono Superiore (VA) in vista della professione religiosa, celebrata il 10 giugno 2000 nella parrocchia di S. Michele di Venegono S. Il 27 luglio 2000 sono partito per il Perù. Avevo 23 anni.
Sono rimasto in Perù 5 anni, dove ho continuato i miei studi di teologia fino al baccalaureato, dove ho fatto la mia professione perpetua e il diaconato. Dove soprattutto ho condiviso la vita di tanti amici e amiche che ho incontrato nel mio lavoro pastorale nella baraccopoli di Pacifico de Villa al Sud della città di Lima e con i ragazzi di strada del centro della città. Mi piacerebbe riprendere le parole che scrissi alla vigilia della professione perpetua, perché descrivono il mio stato d’animo di allora.
“Carissimi amici e amiche,
Domani farò i voti perpetui, qui nella mia comunità di Lima. E’ notte, e sono solo qui nella mia stanza, cercando di far un po’ di silenzio attorno e dentro di me. Domani sarà un giorno importante! E’ tempo di dire un’altra volta “sí”. Ricordo che quando feci i primi voti, il 10 di giugno del 2000 ero emozionatissimo. Quel giorno ho fatto i voti perpetui, perché avevo tutte le intenzioni di mettere la mia vita, con piena confidenza, nelle mani di Dio. Non volevo fare i voti solo per un anno, ma per tutta la vita. Però non sapevo ancora cosa significasse davvero, perché questo impegno si impara e si costruisce per tutta la vita, giorno dopo giorno, ed ero appena agli inizi del cammino.
Ho già fatto un po’ di strada. Poca, senza dubbio, però l’ho cominciata. E questa é la cosa più importante. Sono in cammino. All’inizio ero impegnato ad analizzare dove mettere i piedi, che ritmo prendere, preoccupato di non dimenticare niente, sognando possibili itinerari. Dopo queste prime preoccupazioni mi sono messo a guardare intorno a me, ed ho scoperto persone, paesaggi, apprezzato colori e suoni, preoccupato molte volte di non vedere un po’ più in là delle mie poche capacità, spaventato pure in alcune occasioni alla vista di tanti pericoli e imprevisti.
Sono in cammino, come un pellegrino, in cerca di Dio e della sua volontà. Il Perù mi ha aperto gli occhi su molte cose: mi conosco meglio, con maggiore profondità e realismo, sono più autonomo, soprattutto del giudizio e dell’opinione degli altri, un po’ più serio dicono alcuni, o forse solo un po’ più riflessivo e meno esagerato. Conosco meglio la realtà che mi circonda, per aver lasciato da parte molti pregiudizi e molte maschere mie: una realtà cruda, che spesso mi ha fatto piangere e rimpicciolire fino a voler sparire, che mi ha sbattuto in faccia la mia impotenza, però che mi ha pulito gli occhi.
Una realtà che mi ha insegnato la pazienza e la speranza, la necessità di sedersi e ascoltare, e scoprire il vagito di Dio incarnatosi. Il Perù mi ha evangelizzato. Ha tirato al suolo i miei sogni, i miei progetti, i miei idoli, le mie pretese, mi ha svuotato, per farmi scoprire il volto di un Dio molto più umano, misericordioso, più …debole! Non ho invitato tanta gente per domani. Sarà una cerimonia semplice, familiare. La mia comunità é in fermento: alcuni stanno preparando la cappella, altri pulendo il refettorio, altri preparando il pranzo di domani. Tutta la settimana stanno pregando per me, mi incoraggiano e il loro abbraccio rinvigorisce l’anima. Non c’é missione senza comunità … grazie Signore per la mia comunità! A volte mi fa tribolare, perché siamo completamente diversi, in alcuni casi opposti, e siamo fatti di carne e ossa, però siamo fratelli. E si vede. Si percepisce. E’ bello sentire il calore dei compagni di strada. A volte passiamo giorni ignorandoci, o senza poter parlare un po’ e dire “Animo”, però in questi giorni siamo molto uniti, e mi fa molto bene alla salute.
Non mancano davvero gli amici. Sono tanti e buoni, e a cadauno di loro desidero tutto il bene del mondo. Persone stupende, spalle su cui piangere, occhi puliti dove specchiarsi e leggere la propria anima. Esistono persone così, e non poche, angeli di Dio. C’é molta sintonia tra di noi; ricordo un giorno che me ne erano successe di tutti i colori e mi sentivo malissimo, quando ricevetti una chiamata telefonica di una amica, Jenny: “Ciao Daniele, pensavo a te. Ti chiamo per dirti che ti voglio bene e ti sono vicina”. Palabra de Dios. Te alabamos Señor. Persone con cui condividere sogni: organizziamo un ritiro con i ragazzi di strada? Organizziamo una marcia per la pace? Mi aiuti a risolvere un caso? Come proporre uno stile di missione differente? Ci stai a fare una esperienza di inserzione? I sogni condivisi sono inizio di una nuova realtà.Grazie di cuore amici, compagni di mille avventure. Vi voglio un bene dell’anima, siete parte di me, la mia vocazione é pure vostra e ve la devo. La famiglia non é poi così lontana, nonostante i chilometri. Ogni domenica parliamo al telefono, a volte per e-mail, e non c’é niente di meglio che parlare con mamma, con papà o con i fratelli e sorellina per cominciare bene la settimana. A volte mi tirano giù dal letto, soprattutto quando le ore del giorno non sono sufficienti e mi coglie la notte il giorno anteriore, ed é difficile parlare in italiano con tanto sonno, però sono chiamate stupende che aspetto con ansia. La famiglia non si dimentica mai. Guai a me! Ringrazio Dio per il dono della mia famiglia, che adesso sento più missionaria che mai. Presto ritornerò per abbracciarvi tutti. Presto. Il 20 di novembre farò il diaconato.
Un’altra tappa importante, che chiude il periodo della formazione di base. La celebrazione sarà in Chorrillos, nella nostra parrocchia, celebrata da P. Luis Bambarén, un gesuita molto in gamba, già giubilato. La mia comunità di Pacifico de Villa non sta più nella pelle, aspettano questo giorno come se fosse festa nazionale. Sono più emozionati di me. Sarà un altro giorno bello, e anch’io lo aspetto con ansia. Presto sarò prete…. Mi viene da ridere quando lo penso! Un prete poco liturgico dicono alcuni, o un prete di strada. Spero e voglio essere un sacerdote allo stile di Gesù, aperto, sorridente, cordiale, vicino e attento ai poveri ed esclusi, essere segno di speranza e stimolo di conversione a Dio, strumento di riconciliazione e di pace. Solo é possibile con la forza dello Spirito e della contemplazione. Non c’é liberazione senza misericordia, non c’é misericordia senza preghiera. E’ un impegno grande: con la forza che viene da Dio tutto é possibile. Confido ciecamente e accetto la sfida. Dopo il diaconato ho chiesto alcuni mesi in più qui in Perù: non ho ancora ricevuto una risposta chiara, però spero accolgano la mia proposta di vivere questi mesi con radicalità in una realtà di inserzione. (…..)
Accompagnatemi con la preghiera, che il Signore mi conceda di affrontare la sfida quotidiana di vivere e lottare per sogno di Dio con il cuore riconciliato. A tutti vi voglio bene”.
Adesso sono in Italia da un anno. Sono stato ordinato sacerdote il 10 settembre 2005 nella mia parrocchia di Favaro Veneto dal card. Marco Cè. I miei superiori mi hanno chiesto di rimanere in Italia alcuni anni per lavorare con i giovani: porto avanti il gruppo GIM (Giovani Impegno Missionario) nella casa dei missionari comboniani di Venegono Superiore. Accompagno una cinquantina di giovani insieme con altri due amici, p. Rossano e sr. Eleonora, in una cammino di discernimento e spiritualità aperta ai giovani che coltivano il desiderio della missione e che vogliono scegliere una vita missionaria attenta al Sud del mondo.
Ci vediamo alla festa dei Zarantonello di Vicenza, per parlare più dettagliatamente sulle tante e belle esperienze vissute in Perù.
A presto!!!!
Padre Daniele Zarantonello
Venegono – Varese